mercoledì 7 aprile 2010

Il Grande Gatsby, 1974, Jack Clayton


Partiamo dal presupposto che per me Robert Redford è Hubbel. Ho sognato troppo guardando
Come eravamo, ho sperato che da belloccio conservatore, stereotipo del sogno americano, lasciasse perdere tutte queste fregnacce e si trasformasse nell'amore perfetto di Kathy, la mia amata Barbra Streisand, riccia non belloccia, ma tanto combattiva e impegnata politicamente.
Ma Come eravamo non poteva finire con un happy ending, per questo per me Robert Redford doveva ancora recuperare qualcosa, riscattarsi ai miei occhi. E con il personaggio di Gatsby c'è riuscito: è splendido nell'incarnare l'elegante miliardario, il Grande Gatsby, personaggio così misterioso, ma impeccabile, interprete del profondo velleitarismo fitzgeraldiano.
Ma andiamo con ordine.
Siamo nei meravigliosi roaring twenties, l'età del jazz, ostentazione di lussi e sfarzi, il mito americano prima del crack del '29.
I titoli di testa ci fanno immediatamente assaporare quel mondo: siamo nel New Jersey, è l'estate del '22, le ville con piscina si riempiono ogni sera di sfavillanti parties, di giorno invece i campi del polo si popolano di giocatori dagli eleganti tailleurs di lino beige, signore e presenzialiste con grandi cappelli floreali, ma anche di minuscoli cani con collarini di brillanti.
Il narratore di questa storia è Nick, impiegato di borsa appena trasferitosi dall'ovest. Nick ha appena preso casa accanto al villone di Gatsby e di fronte, dall'altra parte del lago, si trova la villa della cugina Daisy (Mia Farrow. Non la amo particolarmente, poi qui ha una vocina alla Sandra Milo proprio irritante), che anni prima aveva avuto una breve ma alquanto intensa storia d'amore con Gatsby. Lui è diventato ricco per lei, organizza di continuo feste sfarzose solo per poterla incontrare, ancora ossessionato dai sentimenti di quel mese passato insieme otto anni prima, ancora non è riuscito a dimenticarla nonostante la decisione di lei di sposare un altro ("le ragazze ricche non sposano i giovani poveri", così Daisy si giustifica a Gatsby).
Ma col suo charme e i suoi maglioncini intrecciati sul petto, il nostro eroe neanche a dirlo riuscirà a riconquistarla, ma il loro sogno durerà poco. (ODDIO quanto sono sentimentale a volte). Finale amaro, ma d'altronde non poteva essere diversamente, e un omaggio a Viale del tramonto.
Consiglio la visione di questo film per pomeriggi nuvolosi di sentimentalismi esagerati.
Oscar ai migliori costumi, è un delirio di frange, paillettes e piume.

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