Grazie Ila, grazie davvero tesoro per avermi consigliato la visione di questo film. E per avermi ricordato che il regista è lo stesso di Juno, ma non solo, anche di Thank you for smoking, che avevo adorato ai tempi.Negli States attanagliati dalla crisi economica, in cui i licenziamenti sono ormai sempre più numerosi e sempre più necessari, Ryan Bingham (Clooney, devo ammettere che è davvero bravo e anche un gran manzo, ma mi è sceso da quando si fa la Canalis...lo preferivo quando si fidanzava con le cameriere) è un "tagliatore di teste", un "job killer": vola per 322 giorni l'anno, da una parte all'altra del paese, a licenziare le persone, quello sporco lavoro che le aziende si vergognano a fare. Si siede ogni volta ad una scrivania diversa, che sia a Milwaukee, Tampa o Kansas City e con modi gentili ma sbrigativi, con una professionalità al limite della freddezza, stronca le carriere delle persone, senza lasciarsi commuovere di fronte ai pianti, o alle minacce di suicidio o alle confessioni disperate di chi non riuscirà più a mandare avanti una famiglia. Ryan invece una famiglia non ce l'ha, non ha nemmeno una casa: vive negli alberghi e negli aeroporti, si sente a casa tra le macchinette automatiche degli snack e vive collezionando mille tessere che gli assicurano di non fare code ai check-in, o l'entrata in esclusivi vip club di orrendi executive hotel, fino ad agognare la fidelity card dell'American Airlines con un milione di miglia (per non farsene niente...solo per il gusto di accumulare).
Ha un piccolo trolley in cui tiene le sue poche cose piegate minuziosamente, non ha bisogno di portare con se tanta roba, per lui gli oggetti sono un peso di cui bisogna liberarsi (tanto che tiene conferenze in giro per gli States su come organizzare il proprio bagaglio).
Ryan, da buon habituè degli aeroporti, sa com'è meglio muoversi per non perdere tempo: un trolley rapido e leggero, mai andare in coda dietro bambini (fanno troppo casino) o anziani (si muovono lentamente e hanno ferri e chiodi nel corpo), ma sempre dietro gli asiatici, che sono rapidi e portano mocassini (quest'uomo vive di stereotipi!).
Ryan sa bene che la vita del piccione viaggiatore non gli permette di creare legami stabili, ne coi suoi familiari ne con un'ipotetica compagna: durante le sue conferenze spiega sempre come i legami affettivi siano un peso di cui bisogna liberarsi, per lui zero responsabilità, zero complicazioni, solo passpartout per le migliori camere d'albergo in caso incontrasse qualche distrazione...(quanto gli piace a George fare l'eterno single beccione...gli calza proprio a pennello).
Ed è proprio durante uno dei suoi numerosissimi voli che conosce Alex (Vera Farmiga), una donna identica a lui: sempre in viaggio, affascinante quanto misteriosa, sensuale e cinica al punto giusto. I loro incontri sono sempre delle parentesi tra un viaggio e un altro, almeno fino a quando lui non capisce di provare realmente qualcosa...
Ma la sua fantastica vita di piccione viaggiatore sta per essere minacciata dall'arrivo di una neolaureata nell'azienda per cui lavora, Natalie (Anna Kendrick, ho letto che ha fatto anche Twilight ma fortunatamente non l'ho mai visto), che propone di ottimizzare il lavoro: eliminando i costi di aerei, alberghi e viaggi infatti sarebbe molto meno dispendioso licenziare le persone direttamente dalla sede in videoconferenza.
Nonostante la severità e l'impegno a essere dura per poter fare questo lavoro, Natalie soffre a licenziare le persone e mostra un barlume di umanità e di tenerezza che solo raramente colpisce il nostro George.
Ci sono delle cose parecchio piacevoli di questo film che vorrei segnalare: innanzitutto ogni viaggio di Ryan è scandito da inquadrature dall'aereo della città in cui sta atterrando, quelle immagini così geometriche delle città viste dall'alto, ed è un modo davvero carino per far capire allo spettatore i vari spostamenti del protagonista; poi, in aeroporto, tutti i luoghi comuni sulle varie nazionalità ("...gli arabi, casualmente selezionati per un'ulteriore controllo..."); la foto-cartonato di sua sorella e il futuro marito che Ryan si porta dietro durante i suoi viaggi, una trashata ma davvero un'idea naif ai limiti del pacchiano che mi è sembrata davvero spiritosa.
Una commedia dolceamara sui rapporti reali e virtuali, terrestri e aerei, in cui si evince che i sentimenti la fanno sempre da padrona, anche in un periodo in cui la tecnologia pareva aver soppiantato le emozioni. Fortunatamente Jason Reitman non ci regala l'happy ending, ma è un film che ti lascia davvero felice di averlo visto.
Chissà quanti Oscar si porterà a casa...