Fragola e cioccolato sono due gusti di gelato che mal si combaciano. Sono come Diego (Jorge Perrugorìa) e David (Vladimir Cruz). Il primo è un intellettuale gay in procinto di allestire una mostra d'arte, mentre il secondo è un giovane studente militante castrista. Nel 1979, nel pieno del regime, essere omosessuale significa continui controlli della polizia, esposizione al pubblico ludibrio, lavoro coatto... Questa è una storia di amicizia, di integrazione, di curiosità, di rispetto.
Diego cerca di conoscere David, che al principio è infastidito dalle attenzioni che questi gli rivolge: non vuole farsi vedere con lui, chiede di considerarlo uno sconosciuto in pubblico e non vuole che gli vengano attribuiti vezzeggiativi nemmeno in privato.
Ma non vuole troncare quest'amicizia che sta nascendo, è affascinato, a modo suo, dall'anima di libero pensatore di Diego. A casa sua infatti può leggere opere d'autore e ascoltare dischi introvabili perché proibiti dal regime, disquisire di poesia e storia. E ammirare Diego per il suo anticonformismo nei confronti del regime, così acritico e costrittivo, per i suoi interessi culturali, per la libertà che trasuda, pur essendo continuamente vigilato.
Un virile abbraccio alla fine del film suggella un'amicizia destinata a durare, anche se Diego dovrà lasciare Cuba per sottrarsi alle persecuzioni.
Ho pianto anche stavolta, cacchio. Anche se il personaggio di Diego, per quanto ricco di interessi e di cultura, mi è sembrato una forzatura, una caricatura dell'omosessuale, mi ha ricordato un po' nelle movenze, nei gesti, Tom Selleck in In & Out, ma anche Robin Williams in Piume di Struzzo (remake del Vizietto con Tognazzi, che consiglio caldamente). Troppo esagerati, troppo checche.
Orso d'Argento al festival di Berlino del 1994, Teddy Award per le tematiche GLBT affrontate e candidato all'Oscar come miglior film straniero.
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