mercoledì 12 maggio 2010

Draquila - L'Italia che trema, 2010, Sabina Guzzanti

"Quando alle 3 e 32 minuti del 6 aprile 2009 un terremoto sveglia persino gli abitanti della casa del Grande Fratello e quando si scopre che un'intera città è stata annientata, per Silvio Berlusconi è come se ancora una volta Dio gli avesse teso una mano"

In sala c'era gente che rideva. Ridevano per non piangere, direi. Ridevano alle battute del nostro premier, che parlando con gli operai impegnati a ricostruire ciò che era rimasto dell'Aquila diceva "ma dove sono le ragazze? Siete tutti gay? La prossima volta le porto io le veline!". Che vergogna. Ridevano ascoltando le intercettazioni che sputtanavano Guido Bertolaso a un festino in un centro benessere ("fai sparire lo champagne e i preservativi"). Ridevano perché altro non si può fare. Ridevano per imbarazzo forse, scrollando la testa, come quando non c'è più niente da fare.
Sabina Guzzanti ritorna al documentario d'inchiesta, dimostrando come il disastro dell'Aquila abbia aiutato il nostro Premier e la sua combriccola di arraffoni a continuare ad arricchirsi spudoratamente, per pagare le loro barche, le loro zoccole, le loro case vista Colosseo.
Dalla superpotenza della Protezione Civile, organo che opera realmente al di sopra della legge, alla denuncia dell'equiparazione tra "grande evento" ed "emergenza", che permette appunto a Bertolaso e ai suoi di dirigere qualsiasi evento con i soldi dei contribuenti, anche le visite del Papa (nonostante la ricchezza immensa del Vaticano). Dalle interviste alle persone nelle tendopoli, costrette a vivere sotto un vero e proprio regime militare, a quelle più fortunate che hanno ricevuto un appartamento direttamente dalle mani del Salvatore Silvio, con tanto di torta e champagne (rigorosamente italiano) nel frigo. Case in cui non possono nemmeno attaccare un quadro, prefabbricati in periferia, consegnati con forte martellamento propagandistico il giorno del compleanno del Premier. Intanto le macerie nel centro storico che non vengono eliminate, la zona rossa in cui gli aquilani non possono accedere per rivedere le loro vecchie case, in alcune la luce era ancora accesa.
Tra molta gente che ringraziava il Padreterno per avergli mandato in soccorso il Premier (..."che se ci fosse stata la sinistra non avremmo avuto un bel niente", la Guzzanti di certo non risparmia critiche all'opposizione), una figura mi ha molto colpito, quella dell'anziano professore sdentato, unico abitante rimasto nel centro storico dell'Aquila, che a sue spese ha voluto ricostruire la sua casa, per non abbandonare i suoi libri e i suoi gatti.

Qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia che Emilio Fede in diretta dal suo tg denunciasse l'operato di Roberto Saviano, la sua lotta alla mafia, dicendo che non se ne può più di lui, di non considerarlo un eroe della patria.
Ovviamente le parole di Fede facevano eco a un discorso simile di un mese fa del nostro Premier, in cui diceva che la mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo "ma è quella più conosciuta" anche per i film e le fiction che ne hanno parlato, come "le serie della Piovra...la letteratura, Gomorra e tutto il resto" perché i libri sulla mafia "non ci fanno fare una bella figura".
Draquila verrà presentato fuori concorso a Cannes, ma il ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi (un sommo poeta, leggetevi la lirica in onore di Rosa Bossi Berlusconi) ha rifiutato l'invito a comparire sulla Croisette, esprimendo "rincrescimento" e "sconcerto per la partecipazione di un'opera di propaganda, Draquila, che offende la verità e l'intero popolo italiano".

Pare proprio che si debba vergognare CHI DENUNCIA questi fatti di un'Italia malata, non CHI LI COMMETTE.
Peccato che questo film andrà a vederlo chi la pensa già in un determinato modo.

martedì 11 maggio 2010

Harry ti presento Sally, 1989, Rob Reiner


-Ti rendi conto, vero, che non potremo mai essere amici?
-Perché no?
-Beh, ecco... e guarda che non ci sto provando in nessunissimo modo. Uomini e donne non possono essere amici, perché il sesso ci si mette sempre di mezzo.
-No, non è vero, io ho tantissimi amici maschi e il sesso non c'entra per niente.
-Non è così.
-Si, invece.
-No, invece
-Sì, invece!
-Tu credi che sia così.
-Stai dicendo che io ci vado a letto senza accorgermene?
-No, sto dicendo che loro vogliono venire a letto con te.
-Non è vero.
-È vero.
-Non è vero!
-È vero.
-E come lo sai?
-Perché nessun uomo può essere amico di una donna che trova attraente, vuole sempre portarsela a letto.
-Allora stai dicendo che un uomo riesce ad essere amico solo di una donna che non è attraente?
-No, di norma vuole farsi anche quella.
-Ma se lei non vuole venire a letto con te?
-Non importa, perché il click del sesso è già scattato, quindi l'amicizia è ormai compromessa e la storia finisce li.
-Credo che non saremo amici, allora.
-Credo di no.
-Ah, è un peccato. Eri l'unica persona che conoscevo a New York


Ieri mi interrogavo sull'amicizia tra uomo e donna.
Ha davvero ragione Harry (Billy Crystal)? Sul serio un uomo e una donna non possono essere amici? Dalla mia esperienza personale questa è una grossa scemenza. Ok che la maggior parte dei miei amici sono gay e non si sognano di venire a letto con me, ok che la regola dell'amico non sbaglia mai, come diceva il caro vecchio Max Pezzali, ma se volevo qualche conferma sulla mia teoria, questo film non ha fatto altro che accertare che mi sbaglio.
Pure Harry e Sally non riescono a essere amici: per tutto il film ci provano, hanno relazioni con altre persone, ma finiscono per avvicinarsi sempre di più.
Non c'è niente di lontanamente vicino all'amicizia nella loro storia, si sa già dal principio che tutta la faccenda dell'amicizia è in realtà un preambolo alla loro storia d'amore. Non per altro stiamo parlando di una commedia romantica americana...
Nonostante ciò, nonostante la mia avversione pluriennale nei confronti di Meg Ryan (non le ho perdonato la pessima interpretazione di Pamela Morrison nel film The Doors di Oliver Stone), mi sono passata 93 minuti davvero carini, gli scambi di battute tra Harry e Sally, lui così cinico e lei così frizzante, hanno un che di alleniano, senza dimenticare la celeberrima scena di Sally che finge un orgasmo in una tavola calda, scena che tutti i maschietti convinti di se stessi dovrebbero vedere.


venerdì 23 aprile 2010

Swept Away, 2002, Guy Ritchie


Se Lina Wertmuller fosse morta si rigirerebbe nella tomba.
Che scempio, che disastro!
Questo è in assoluto il remake più brutto che io abbia mai visto in vita mia. Non mi stupisco minimamente che si sia aggiudicato tutti i Razzie Awards possibili (peggior regia, peggior attrice protagonista, peggior coppia, peggior remake e, addirittura, peggior film drammatico degli ultimi 25 anni!!).
Mi chiedo come la signora Lina abbia potuto accettare che uno dei suoi capolavori venisse totalmente smembrato e privato del suo contenuto originale (i soldi al giorno d'oggi smuovono anche le anime più candide...).
Per chi non l'avesse mai visto, l'originale Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto del 1974, è una storia d'amore che sboccia su un'isola deserta tra l'arrogante, viziata e ricchissima Raffaella Pavone Lanzetti (un'eccezionale Mariangela Melato, indescrivibile, perfetta in un ruolo che è passato alla storia) e il marinaio Gennarino Carunchio (Giancarlo Giannini, da rimanere senza parole, letteralmente superlativo persino nelle declamazioni di insulti quantomai "caratteristici"), due personaggi così lontani tra di loro, con background, stili di vita e correnti di pensiero completamente diversi, lei rappresentante del capitalismo meneghino, lui invece fervente comunista.
Nel rifacimento, i ruoli di Raffaella e Gennarino sono di Madonna e del figlio di Giannini, Adriano, bello quanto il padre ma non in grado di sostenere un'eredità così importante, per quanto riguarda la Signora Ciccone che dire: ringrazi che la Melato non le ha fatto causa.
Swept Away perde completamente tutta la magia dell'originale, i riferimenti politici che formavano la struttura diegetica di Travolti da un insolito destino qui sono completamente assenti, così come i riferimenti alla lotta di classe o alle differenze tra Nord e Sud Italia, di cui non c'è traccia nel remake, che finisce per diventare una storia d'amore tra due persone catapultate su un'isoletta deserta.
Ve lo sconsiglio fortissimamente, io l'ho beccato su Rete 4 ma se avessi cambiato subito canale mi sarei fatta meno il nervoso.

Questo è il trailer di Swept Away...

Qui invece alcune scene di Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto

mercoledì 7 aprile 2010

Il Grande Gatsby, 1974, Jack Clayton


Partiamo dal presupposto che per me Robert Redford è Hubbel. Ho sognato troppo guardando
Come eravamo, ho sperato che da belloccio conservatore, stereotipo del sogno americano, lasciasse perdere tutte queste fregnacce e si trasformasse nell'amore perfetto di Kathy, la mia amata Barbra Streisand, riccia non belloccia, ma tanto combattiva e impegnata politicamente.
Ma Come eravamo non poteva finire con un happy ending, per questo per me Robert Redford doveva ancora recuperare qualcosa, riscattarsi ai miei occhi. E con il personaggio di Gatsby c'è riuscito: è splendido nell'incarnare l'elegante miliardario, il Grande Gatsby, personaggio così misterioso, ma impeccabile, interprete del profondo velleitarismo fitzgeraldiano.
Ma andiamo con ordine.
Siamo nei meravigliosi roaring twenties, l'età del jazz, ostentazione di lussi e sfarzi, il mito americano prima del crack del '29.
I titoli di testa ci fanno immediatamente assaporare quel mondo: siamo nel New Jersey, è l'estate del '22, le ville con piscina si riempiono ogni sera di sfavillanti parties, di giorno invece i campi del polo si popolano di giocatori dagli eleganti tailleurs di lino beige, signore e presenzialiste con grandi cappelli floreali, ma anche di minuscoli cani con collarini di brillanti.
Il narratore di questa storia è Nick, impiegato di borsa appena trasferitosi dall'ovest. Nick ha appena preso casa accanto al villone di Gatsby e di fronte, dall'altra parte del lago, si trova la villa della cugina Daisy (Mia Farrow. Non la amo particolarmente, poi qui ha una vocina alla Sandra Milo proprio irritante), che anni prima aveva avuto una breve ma alquanto intensa storia d'amore con Gatsby. Lui è diventato ricco per lei, organizza di continuo feste sfarzose solo per poterla incontrare, ancora ossessionato dai sentimenti di quel mese passato insieme otto anni prima, ancora non è riuscito a dimenticarla nonostante la decisione di lei di sposare un altro ("le ragazze ricche non sposano i giovani poveri", così Daisy si giustifica a Gatsby).
Ma col suo charme e i suoi maglioncini intrecciati sul petto, il nostro eroe neanche a dirlo riuscirà a riconquistarla, ma il loro sogno durerà poco. (ODDIO quanto sono sentimentale a volte). Finale amaro, ma d'altronde non poteva essere diversamente, e un omaggio a Viale del tramonto.
Consiglio la visione di questo film per pomeriggi nuvolosi di sentimentalismi esagerati.
Oscar ai migliori costumi, è un delirio di frange, paillettes e piume.

domenica 21 marzo 2010

Mine vaganti, 2010, Ferzan Ozpetek

"Guarda che se ti chiamano il principe del foro non è perché sei bravo in tribunale!"

Questa battuta mi ha fatto ridere, ma per il resto questo film ha confermato le mie aspettative sull'ennesima opera di Ozpetek, caratterizzata dalle solite tematiche: luoghi comuni sui gay, il peso delle convenzioni, i problemi di incomunicabilità con la famiglia, tutto coadiuvato da canzonette messe li a caso (per favore non mischiamo Nina Zilli con Barbra Streisand...).
Tommaso (finalmente vedo Scamarcio limonare con un uomo e non fare il ragazzetto beccio che fa impazzire le ragazzine) vive ormai da anni a Roma e si vive tranquillo la sua omosessualità, lontano dalla famiglia bigotta opprimente.
Ma deve fare ritorno a Lecce, città del sud dove essere ricchioni è una vergogna che distrugge tutta la famiglia: intenzionato a rivelare ai suoi genitori che non intende occuparsi dell'azienda di famiglia per dedicarsi alla scrittura e soprattutto rivelargli la sua omosessualità, Tommaso dovrà fare i conti con la rivelazioni scottanti e alquanto inimmaginabili del fratello maggiore Antonio (Alessandro Preziosi).
Troppe frociate, alcune carine (il balletto al mare con le celeberrime Baccara), altre davvero ripetitive e già viste, stereotipate e fastidiose.

mercoledì 17 marzo 2010

Kramer contro Kramer, 1979, Robert Benton


Era da veramente tanto tempo che non mi capitava di accendere la tv e spegnerla dopo un rapidissimo zapping (e provando profondo disgusto).
Oggi è andata diversamente: su Rete 4 infatti è appena finito un film che ogni volta riesce a commuovermi (sono troppo sentimentale): Kramer contro Kramer, con una giovanissima e bellissima Meryl Streep (la adoro, nello stesso anno aveva recitato in Manhattan di Woody Allen) e con il mio amato Dustin Hoffman (ho voglia di rivedere Il Laureato...), nei panni di una coppia in crisi che deve affrontare la separazione e la lotta per la custodia del figlio.
Beh, ho pianto di nuovo, pur essendo almeno la decima volta che vedo questo film.
Il divorzio di Joanna e Ted e le ripercussioni che ha questa situazione sul piccolo Billy mi intristiscono e mi rendono partecipe della storia ogni volta (io parlo spesso con gli attori sullo schermo. So che non mi ascoltano però).
L'impegno di Ted a conciliare la sua vita da papà single e il doppio lavoro, la battaglia legale per l'affidamento, i pianti del piccolo alla notizia che dovrà vivere con la madre, andata via di casa per frustrazione, insomma, strappalacrime quanto basta, ma dolcissimo nei sorrisi di Billy e nell'infinito affetto che il suo papà prova per lui.
Consigliato per pomeriggi freddi con accanto una tazza di Cheerios.

domenica 7 marzo 2010

Pi Greco-Il teorema del delirio, 1998, Darren Aronovsky

"9:22. Nota personale: quando ero piccolo mia madre mi diceva di non guardare fisso il sole, ma una volta, a sei anni, lo feci. Da principio quella luce accecante era insopportabile, ma io non distolsi gli occhi neanche per un momento. A poco a poco la luce iniziò a dissolversi, le mie pupille si ridussero a capocchie di spillo, e riuscì a mettere tutto a fuoco. Per un momento vidi e capii."


Cari amici e lettori del mio blog, perdonate il periodo di assenza, ma ogni tanto anche la Bibi ha cose importanti da fare come ad esempio preparare l'esamone di Storia del Giornalismo (e prendere 30...sciocchezzuole).
Così,dopo una settimana e più senza film, stasera io e Marci ne abbiamo visto uno che definirei, per così dire, leggerino (è ironico, ovviamente, visto che sto male ancora adesso).
Il film in questione si chiama Pi Greco-Il teorema del delirio ed è di Darren Aronovsky, regista che tutti voi conoscerete per il celeberrimo Requiem for a dream (uno di quei film che non riguarderò mai e poi mai più, solo a pensarci mi vengono i brividi) e per The Wrestler (film che ha allontanato definitivamente Mickey Rourke dai miei sogni alla 9 settimane e 1/2).
Ecco, Pi Greco è ansia e follia pura, alimentata dalle inquadrature veloci, scattanti della camera a spalla, dal montaggio rapido e vorticoso che tutti ci ricordiamo anche in Requiem, accompagnato da una colonna sonora che oserei definire quasi ambient-techno (Aphex Twin e i Massive Attack, per citare solo i più conosciuti, ma anche Clint Mansell, che due anni dopo comporrà Lux Aeterna, quella famigerata na na na na na na na na che tutti noi ci divertiamo a canticchiare in momenti di ansia).
Per non parlare della scelta difficile ma non troppo azzardata del bianco e nero, che sottolinea l'alienazione del protagonista, un matematico troppo fragile psichicamente per poter pensare di comprendere il disegno supremo della matematica, il suo avvicinamento e simbiosi con dio e il vortice come risposta di tutto, la spirale universale.
Sono rimasta molto, davvero molto male cinque minuti prima della fine del film, non vorrei che si fosse trattato proprio di una lobotomia domestica. Credo che me lo sognerò stanotte.